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Inviato da avatar Gioia Gibelli il 26-03-2011 alle 10:29 Leggi/Nascondi

Sembra strano pensare all'agricoltura in città? A me non pare. Anzi proprio in un territorio come quello milanese mi sembra una necessità, ancora più che un'opportunità.

Proviamo a pensare alla quantità di servizi che un'area agricola può erogare ad una città come Milano. Servizi che hanno un valore tanto più alto, quanto più l'agricoltura è prossima alla città, quindi facilmente raggiungibile e accessibile, e quanto più è elevata la qualità del paesaggio e dei prodotti che si possono trovare.

Non sarebbe, per esempio,  interessante capire quante settimane all’anno abbiamo in termini di autonomia alimentare in un territorio di prossimità? Siamo senz’altro a livelli molto bassi, ma non li conosciamo. In altre regioni europee e non, si comincia a porsi il problema del futuro alimentare, in quanto è noto che nei prossimi anni, l'approvvigionamento di cibo e di acqua avrà notevolissimi risvolti sugli equilibri economici e di potere del nostro pianeta. Tant’è che molti stati stanno comprando terreni agricoli al di fuori delle proprie frontiere. Come un buon padre di famiglia tiene da parte risorse per gli imprevisti, un buon governo dovrebbe tutelarsi con un livello di autonomia alimentare, almeno di qualche mese, per essere in grado di fronteggiare eventuali periodi di difficoltà di reperimento di risorse alimentari dai canali tradizionali: insomma sarebbe saggio avere il tempo di organizzare in autonomia altri fornitori, altri paesi di acquisto, per avere un minimo di volano ed evitare di essere alla mercè dei venditori, dei produttori di risorse primarie.

Il quesito cui ripondere potrebbe essere "quante Kcal per cittadino vogliamo che produca l'agricoltura  di Milano? Misura che si trasforma in ettari di territorio e in giorni di approvvigionamento locale e che potrebbe, una volta condivisa, diventare il riferimento di base su cui disegnare i confini del costruito dando, finalmente, una risposta al consumo di suolo concreta e basata su interessi comuni.

Utopia?

Bisogna trovare nuove unità di misura. Per fare un esempio, il Parco delle risaie è “misurato” attraverso il numero di piatti di riso prodotti al giorno(circa 60000!) che, tra l'altro, non consumano ossigeno e non producono CO2 per arrivare nei piatti dei milanesi.

Quindi l'agricoltura urbana fa bene all'ambiente. E i cittadini milanesi sanno quanto sia necessario migliorare l'ambiente di quest'area metropolitana che parte svantaggiata rispetto ad altre realtà europee, in quanto la pianura Padana raccoglie e "conserva" buona parte delle emissioni prodotte nel nord Europa per via della sua orografia: le emissioni arrivano da noi con i veloci venti dal nord e qui si fermano perchè, qui da noi, il vento non c'è mai (cfr. immagine allegata). E quando arriva non è abbastanza intenso per far rivalicare le Alpi a polveri e sostanze gassose che rimangono qui, nella nostra nebbia e nella nostra aria. Ma l'agricoltura fa bene all'ambiente perchè, checchè se ne dica, produce inquinamento in misura infinitamente inferiore di un'area urbana delle medesime dimensioni, cattura CO2, permette l'infiltrazione nel terreno dell'acqua piovana senza sovraccaricare i nostri fiumi che sono già al limite delle loro portate per via della continua impermeabilizzazione del terreno, conserva la biodiversità, ecc.

In più gli agricoltori "illuminati" di Milano  accolgono i cittadini, offrono servizi ricreativi e culturali a tutti, facilmente raggiungibili, consentendo, tra l'altro, ai "bambini  metropolitani totali" di scoprire che i polli non nascono nelle vaschette di polistirolo e che è dalla terra e dall'acqua che dipende la nostra vita.

Aggiungo  il fatto che un suolo agricolo non costa in termini di manutenzione, ma si auto mantiene. Questo è un aspetto non irrilevante poiché , al contrario, tutte le aree urbanizzate hanno dei costi di manutenzione e di gestione molto elevati in continua crescita con la crescita della città che stanno stressando enormemente i bilanci comunali. Il paradosso è che si continua a costruire, incrementando  le spese per il futuro, pensando di sanare tali bilanci.

Questi sono, secondo me, alcuni dei descrittori che meglio rappresentano la realtà agricola del milanese. Il numero di addetti e il PIL che vengono normalmente utilizzati, non danno che una parziale raffigurazione di questa realtà, ignorandone il valore complessivo, e sono, tra l’altro, fuorvianti perché distolgono dagli aspetti fondamentali che sono il servizio a chi si nutre dei  prodotti e a chi si giova del territorio agricolo nelle sue numerose risorse.

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